Vai al contenuto

Opportunity

2024-03-28, Verona, via Oberdan, Ricoh GR3, © Giorgio Montolli

Salito sul veicolo color pece salutò con un cenno i compagni di viaggio e si accomodò sul sedile contrassegnato con il suo nome: Lion Carrisi. Il mezzo, completato il carico di passeggeri, aveva poi raggiunto l’arteria principale dove era stato agganciato agli altri vagoni del Treno 1 diretto al centro di Opportunity.
Mentre il convoglio procedeva a velocità supersonica Lion pensò agli esami effettuati sei mesi prima, quando era risultato un indice di purezza del 93 per cento, un grado molto elevato che gli dava diritto alla residenza nel Settore 1, una zona con tutti i confort dovuti al suo status di professore universitario.
Di solito la convocazione per i docenti avveniva ogni tre anni, e si trattava più che altro di una formalità, ma poteva capitare che il sistema stabilisse delle verifiche sanitarie random, secondo quanto previsto dal protocollo di sicurezza, e sicuramente era questo il motivo per cui lo avevano richiamato dopo così breve tempo.
Opportunity era una città circolare divisa in tre spicchi separati da mura che terminavano al vertice con un cupolone di vetro e cemento; degli altri due settori Lion sapeva poco o nulla: come tutti anche lui era figlio della provetta e il programma educativo censurava quel genere di informazioni. Qualche sparuta notizia poteva trapelare quando un cittadino veniva promosso o retrocesso da un settore all’altro ma era meglio tenersi alla larga da quel genere di confidenze.
Oltre al centro sanitario, dove si svolgevano gli esami emozionali, nel cupolone si trovavano anche i tre municipi e le tre metropolitane che portavano ai luoghi di lavoro nella Cittadella esterna, anch’essa di pianta circolare e meticolosamente divisa in settori.
Giunto nella sala d’aspetto lo accompagnarono dal medico esaminatore che riconobbe essere la stessa dottoressa che aveva eseguito il test la volta precedente: una dipendente del ministero per l’Igiene e la sicurezza pubblica.
«Buon giorno Lion» gli disse asciutta.
«Buon giorno dottoressa, eccomi qua».
«Mi dica: è preoccupato per questo rivederci dopo soli sei mesi?».
«No dottoressa».
«Ha qualche disturbo da segnalare?».
«Forse lavoro troppo perché la sera mi prende la stanchezza».
«La stanchezza non è un disturbo, le chiedevo se c’è qualche sensazione che le procura fastidio».
«Direi di no».
«Procediamo con il test».
Lo fece accomodare in un salottino buio di fronte a uno schermo e dopo avergli applicato dei dischetti d’argento alle tempie, sul petto e ai polsi si mise alla macchina.
Lion aveva già sostenuto quell’esame, sapeva che tipo di immagini avrebbe visto scorrere e quindi non aveva nulla da temere perché si sarebbe risolto tutto nel giro di pochi minuti: la dottoressa avrebbe certificato il suo perfetto stato di salute e lo avrebbe rimandato a casa.
Si trattava di un collage di sequenze che riportava episodi di guerre antiche dove si vedevano uomini soffocati dai gas e straziati dalle bombe; poi le immagini di due esseri umani, di diverso e dello stesso sesso, mentre si baciavano sulla riva di un lago, seguite da quelle del sindaco, del capo della polizia municipale, dei suoi vicini di casa, dei colleghi di lavoro e di un topo a cui veniva mozzata la testa.
Riaccesa la luce la dottoressa lo invitò a sedersi davanti alla scrivania, gli fece un prelievo di sangue e si ritirò in uno stanzino per un paio di minuti, quindi tornò da Lion.
«Direi tutto bene: il suo grado di purezza è all’89 per cento».
«Come sarebbe a dire 89 per cento? Sono sempre stato 93!» le disse con una leggerissima alterazione che non sfuggì all’esaminatrice.
«Sta provando rabbia? rancore? delusione? Forse non le conosce con questo nome: provi a descrivermi cosa sente».
Lion pensò di essere caduto in un tranello e questo gli procurò disagio.
«Non provo nulla» le disse fermo.
«Bene, questa è un’ottima risposta che ci fa ben sperare».
«Cosa intende dire?».
«Lei sa che la valutazione finale si esegue su due parametri: il responso del test e la valutazione del medico. Sul test non c’è nulla da dire ma io ho registrato una leggera alterazione emotiva».
«Sono residui che tutti abbiamo».
«Questo è vero, però le sottoscrivo ugualmente un breve periodo di terapia sotto osservazione. Vedrà che la cosa si risolverà presto: tra un paio di settimane, massimo tre, rifaremo il test e potrà tornare a ricoprire le sua mansioni al Livello 1».
«Mi sta dicendo che…».
«So cosa sta pensando ma non la sto trasferendo al Livello 2. Solo che lì sono più attrezzati di noi nel trattamento di questi casi. Sicuramente il suo è solo un leggero malessere, un residuo emozionale come lei dice: la prenda come una breve vacanza e vedrà che andrà tutto bene».
«Quindi rimango al Livello 1?».
«No, non è permessa promiscuità tra i livelli, neppure per brevi periodi, si dovrà spostare ma ripeto: questione di pochi giorni».
Lion sapeva che l’indice emotivo generale aveva registrato dei picchi nell’ultimo mese e che l’autorità sanitaria di Opportunity era corsa ai ripari introducendo maggior severità negli esami alzando il limite di appartenenza al Livello 1, che era passato da 87 a 90. Sapeva anche che si trattava di misure temporanee e quindi poteva considerare giusto il provvedimento di quel medico zelante: alla prossima verifica avrebbero classificato quei leggeri malesseri come residuali, il limite nel frattempo si sarebbe alzato e poteva stare sicuro che l’avrebbero presto riabilitato.
«Lei sa come funziona la procedura?».
«Mi illumini dottoressa perché non ho alcuna esperienza in proposito».
«È molto semplice: quando esce dallo studio raggiunga l’emiciclo e prenda la Porta 2».
«E le mie cose? La mia abitazione, i miei vestiti?».
«Non si preoccupi, quando arriverà troverà tutto in ordine. Vada a casa e attenda la convocazione».
Varcata la Porta 2 lo accompagnarono alla sala vestizione per il cambio d’abito, da bianco a panna; poi lo invitarono a oltrepassare la soglia del nuovo mondo.
Si accorse che non c’era molta differenza rispetto all’ambiente che aveva appena lasciato e quindi si sarebbe potuto orientare alla perfezione: i nomi delle vie erano gli stessi; le case, gli uffici e i parchi erano molto simili e anche il treno, seppur contrassegnato con il numero 2, era uguale a quello che aveva preso per recarsi all’esame. La vera differenza stava nei colori: da dove veniva tutto era bianco, nero o tuttalpiù grigio, con le eccezioni del verde della vegetazione e dell’azzurro del cielo, mentre qui il verde e l’azzurro erano ripresi con diverse gradazioni cromatiche e di tono anche nell’arredo urbano, nei vestiti e in alcuni oggetti. Quei colori di dubbio gusto si trovavano soprattutto negli indumenti femminili e gli pareva che le donne non solo lo guardassero, forse incuriosite dal suo disorientamento, ma che addirittura gli abbozzassero un sorriso: una forma di comunicazione ambigua non consentita nel livello dal quale proveniva, tanto che pensò di proteggersi guardando in basso per non incorrere in sanzioni.
Dopo aver scorporato il modulo dal convoglio lo riportarono in un quartiere che era la fotocopia di quello che aveva lasciato e anche la casa più o meno era la stessa, con il guardaroba rinnovato e quei colori che lo disturbavano.
In attesa della convocazione pensò che non sarebbe stata una buona idea uscire per mescolarsi a quel mondo imperfetto, quindi si lasciò cadere sulla poltrona e accese il monitor per ascoltare le notizie locali.
I conduttori dei telegiornali erano gli stessi del Livello 1: le conduttrici erano rigorosamente vestite di un bianco brillante, le scrivanie nere e le poche suppellettili grigie; ma se al Livello 1 i fatti di cronaca erano riportati nudi e crudi, che tanto venivano univocamente interpretati, qui erano sempre seguiti da un commento per aiutare nel giudizio.
Anche gli attori delle pubblicità erano gli stessi ma mentre al Livello 1 venivano reclamizzati i comportamenti virtuosi per prevenire la contaminazione qui venivano anche proposti dei farmaci sperimentali per cercare di curare la malattia.
Rinfrancato da quell’opera pedagogica e sanitaria spense lo schermo e uscì in strada, che tanto male non gli avrebbe fatto saperne un po’ di più, e pensò di recarsi al solito bar per bere un analcolico, curioso di vedere quale situazione avrebbe trovato. E infatti delle novità c’erano anche lì perché due o più persone stavano sedute allo stesso tavolino, cosa disdicevole al Livello 1 dove situazioni simili erano tollerate solo se motivate da urgenti esigenze di lavoro. Rimanevano due tavolini liberi e scelse quello vicino a una coppia che parlava a bassa voce. Si sedette, ordinò l’aperitivo e fingendosi interessato alla lista delle consumazioni si mise ad ascoltare. Da quanto si dicevano capì che i due erano commessi ai grandi magazzini, gli stessi a cui Lion ricorreva per acquistare ciò di cui aveva bisogno, che poi gli veniva recapitato a casa da Mickey Mouse, il drone addetto alle consegne.
A un certo punto la conversazione prese una strana piega.
«Ho iniziato a prendere la medicina».
«Anch’io ma è una sofferenza».
«Fa parte della cura: hai ancora voglia di venire a stare con me?».
«Sì».
«Qualche mese e passerà, per fortuna non ci siamo fatti travolgere».
«Smettiamo di vederci?».
«No, non adesso, facciamolo quando l’effetto del farmaco ci aiuterà a superare le crisi».
«Allora vediamoci un po’ meno e rimaniamo in attesa».
Lion non aveva mai assistito a un colloquio del genere. Evidentemente i due erano vittime del virus da cui cercavano di liberarsi e non gli era sfuggito che per salutarsi le loro mani si erano furtivamente intrecciate, come non aveva mai visto fare, che quella stretta si era dilungata e che i loro occhi, prima di alzarsi per congedarsi, erano diventati lucidi. «Chissà cosa si prova» pensò mentre un po’ turbato tornava verso casa.
Quella notte non dormì e la motivazione la trovò nel cambio di livello che metteva alla prova la sua integrità. Si convinse che non esisteva un vero e proprio centro specializzato e che lo avevano messo lì per esporlo al virus in modo da far crescere il numero e la qualità dei suoi anticorpi: sicuramente era quella la terapia a cui alludeva la dottoressa e per questo anche lui sarebbe entrato in uno stato di sofferenza di cui l’insonnia era solo un’anticipazione.
Si trattava dunque di mettersi alla prova in quel nuovo ambiente per poi presentarsi all’esame nelle condizioni migliori e ottenere un buon punteggio, così nessuno avrebbe potuto più dubitare del suo eccellente stato di salute.
Il giorno dopo prese la Metropolitana 2 per spostarsi verso la Cittadella dove avrebbe saputo quale nuovo lavoro gli era stato affidato. Era passato da professore universitario a capo magazziniere, dovendosi occupare di assicurare l’approvvigionamento dei beni di prima necessità ai tre livelli, agli ordini del dirigente che stava comodamente seduto davanti al monitor del Livello 1.
Già la prima giornata non era stata facile, essendo il personale non particolarmente efficiente. Sotto le pressanti richieste del superiore aveva svolto compiti che non gli sarebbero dovuti competere e nei giorni a seguire le cose erano addirittura peggiorate dovendo ricorrere agli straordinari per garantire il buon funzionamento del servizio.
Si trattava di resistere ma quanto tempo sarebbe passato prima di tornare a far lezione nell’aula della sua università? Bisognava accelerare il processo di guarigione e dopo una settimana era giunto alla conclusione di esporsi a una dose massiccia del virus per provocare nel suo organismo una reazione forte, immediata e risolutiva.
Decise quindi di tornare al bar: avrebbe offerto da bere a tutti, si sarebbe messo a conversare con gli avventori. Li avrebbe costretti a manifestare le loro emozioni, tornando a casa si sarebbe fatto beffe di loro e dopo un paio di giorni, sconfitto il male, avrebbe chiesto di anticipare l’esame: tempo una settimana e di quella breve e fastidiosa avventura sarebbe rimasto solo un ricordo e dopo un po’ neppure quello, che tanto era tutto da dimenticare.
Quella sera al bar non c’era la solita cassiera, un imprevisto perché questa gli apparve molto bella, una valutazione estetica permessa anche al Livello 1, ,a Lion si mise a osservarla di nascosto senza mai perderla di vista, con un certo interesse.
Si alzò dal tavolino, si inventò che era prossimo il suo esame e offerse da bere a tutti. Alcuni lo seguirono per esprimergli i migliori auguri, che gli fecero piacere, tanto che tornò a sedersi disorientato.
Bisognava rincarare la dose in un estremo gesto di sfida, quindi si rialzò di scatto e propose un secondo giro e questa volta con una bevanda leggermente alcolica, introvabile al Livello 1 ma che aveva visto sugli scaffali nascosti dietro il bancone. In pochi lo seguirono, alcuni si erano addirittura defilati mentre il gestore, nel timore che la situazione gli sfuggisse di mano, aveva iniziato a ritirare i tavolini.
La bibita gli fece subito effetto dandogli una piacevole sensazione che classificò come euforia, tanto che trovò la forza di raggiungere la cassa fino quasi a toccare la ragazza, che non si era ritratta e che si era messa a guardarlo divertita alzandosi sulle punte dei piedi con un’espressione che esprimeva dolcezza, una sensazione molto piacevole.
Stralunato e al limite della resistenza tornò nuovamente al tavolino per riprendere le forze senza perdere di vista la cassiera, che pure sbirciava nella sua direzione, fino a quando i loro occhi incrociandosi divennero immobili e lo sguardo di Lion si fece sicuro e penetrante. Non riusciva a staccarsi da lei e sentì caldo nel cuore fino a scoppiare. Dopo aver salutato se ne andò a vomitare, a piangere e a ridere rendendosi conto che ormai era gravemente malato.
Il giorno seguente si inventò una scusa e non andò al lavoro: non era riuscito a dormire e aveva passato la notte a cercare di dominarsi, senza però riuscirci.
L’errore era stato sfidare la ragazza spingendosi oltre il limite mentre di tutto il resto si sarebbe anche potuto liberare e anzi non gliene importava nulla.
Conoscendo poco la materia aveva inserito nel suo organismo una dose eccessiva di virus che ora lo faceva ribollire e lo stordiva procurandogli piacere e dolore. Affioravano demoni contro cui era inutile cercare di lottare e che solo con l’autoerotismo era riuscito a chetare, per poi accorgersi di aver peggiorato la situazione perché aveva solo eccitato la fantasia e il desiderio.
Dopo 2 settimane all’esame prese 47, poco più del minimo necessario per poter rimanere al Livello 2 e alla Cittadella gli affidarono la mansione di macchinista addetto alla movimentazione delle merci. Si sentiva responsabile per la ragazza che certamente aveva provato qualcosa per lui: non conosceva il suo nome e non l’aveva più rivista il che lo gettava nella disperazione, uno stato che non poteva permettersi.
Un giorno però, era trascorso circa un mese dai fatti del bar, la incontrò per strada e le si avvicinò per chiederle scusa per il suo fare strafottente e provocatorio. Lei gli aveva sorriso e poi si era allontanata girandosi una volta prima di voltare l’angolo. Lion l’aveva raggiunta di corsa e balbettando le disse cosa provava cercando di giustificarsi con parole confuse, infantili ma sincere: «È la prima volta», le disse, «penso di essermi innamorato». Lei lo aveva guardato, gli aveva sorriso, si era messa a piangere gli aveva preso il viso tra le mani e lo aveva baciato lasciandolo muto e stordito, con la promessa che si sarebbero rivisti.
Aveva saputo che Luisa aveva un punteggio di 58, più alto del suo, e non capiva perché visto che era stata esposta al virus per molto tempo. Lei gli aveva spiegato che alcuni degli abitanti del Livello 2 avevano imparato a gestire le emozioni quel tanto che bastava per presentarsi all’esame con una certa padronanza di sé, e 58 era il suo livello medio. «Si tratta però di eccezioni perché c’è chi prova a controllarsi ma non ci riesce e il destino di questi è segnato. Gli altri, e sono la maggioranza, prendono i farmaci e si sforzano di progredire per passare al Livello 1 ma in pochi ce la fanno» gli aveva detto scrutandolo per cercare di leggere il suo pensiero.
«Quanto ti manca il tuo mestiere di professore?» gli disse un giorno mentre passeggiavano in uno dei parchi che alternavano nel darsi appuntamento.
«Mi manca molto ma non saprei rinunciare a te».
«Vedrai, tra un po’ il tuo cuore batterà un po’ meno forte e lascerà tutto il posto all’amore; eludere il sistema non è poi così difficile: ti insegno io».
Dopo qualche mese una conoscente di Luisa, che si era accorta del loro stato, li aveva invitati a una riunione clandestina dove avrebbero potuto incontrarsi con un cittadino del Livello 3 e fu Lion a insistere per fare quell’esperienza. Sarebbero andati, avrebbero ascoltato e sarebbero stati più consapevoli: un ragionamento molto diverso dalle sue lezioni universitarie dove non erano contemplate la curiosità e la passione che legano l’uomo alla conoscenza.
Avevano così saputo che al Livello 3 la vita era difficile perché se c’era l’amore c’era anche l’odio. Questo si traduceva in reati che prevedevano pene severe come la reclusione e l’eliminazione fisica, o almeno così si pensava perché di alcuni cittadini non si era più saputo nulla. Avevano chiamato quello stato “libertà”, una parola usata anche al Livello 1 ma con tutt’altro significato.
Cosa scegliere tra la libertà d’amare e di odiare e l’equilibrio perfetto di una società pacifica senza amore e senza vera conoscenza? «Io ho già sciolto questo dubbio ma vorrei sapere cosa ne pensi tu» disse un giorno a Luisa.
«Siamo fatti per amare ma anche per odiare e forse dovremmo rispettare questa nostra natura» fu la risposta.
Agli incontri segreti una sera arrivò una straniera che raccontò che c’era vita fuori da Opportunity. Lion aveva letto sui libri di luoghi primitivi popolati da animali e assolutamente non compatibili con gli umani ma la donna li mise al corrente che le cose non stavano proprio così: in quelle terre vivevano uomini e donne che erano stati banditi dalla città e di cui non si doveva sapere perché rappresentavano il riconoscimento dell’imperfezione della specie, in pratica il fallimento di Opportunity. Aggiunse che alcuni erano criminali che si erano macchiati di gravi reati ma altri non avevano commesso alcun crimine se non quello di assecondare la loro natura incline alla conoscenza e all’amore.
La straniera spiegò che l’autorità di Opportunity cessava nel momento in cui questi individui venivano banditi e dunque, lasciate libere al loro destino, queste persone avevano costruito una loro città, poco più di un villaggio con degli statuti elementari che avevano lo scopo di preservare la comunità e proteggerla dalla violenza; un luogo dove i figli nascevano naturalmente, venivano allevati dai genitori, istruiti nelle scuole e avviati alle professioni che più si addicevano ai loro talenti.
Non tutti erano pronti per quel genere di rivelazioni così alcuni avevano abbandonato il gruppo, le riunioni erano diventate più rade e si tenevano durante la notte in ambienti sotterranei che cambiavano di volta in volta. I pochi rimasti avevano preso il nome di Argonauti e tra questi c’erano anche Luisa e Lion ormai decisi a trasferirsi fuori dalle mura, dove già intuivano che la vita sarebbe stata più difficile e più breve a causa delle malattie e di una tecnologia per curarle molto limitata.
Bisognava però capire in che modo raggiungere l’esterno e dove si trovassero le porte di Opportunity, visto che nessuno le aveva mai viste. Sarebbe stato poco sensato cercare di evadere perché la città era stata organizzata in modo da prevenire azioni di questo tipo considerate sovversive.
Si sarebbe potuto assecondare il sistema per cercare di passare al Livello 3 e quindi tentare di uscire: una strada pericolosa perché non era sicuro che il medico esaminatore decidesse per entrambi la medesima sorte. Oppure commettere dei reati che prevedessero l’espulsione, ma anche in questo caso c’era la possibilità di ottenere differenti condanne con il rischio di perdersi per sempre.
Fu a quel punto che Lion si ricordò della Custode della memoria, un’anziana funzionaria con i capelli d’argento e la tunica bianca che aveva il compito di conservare lo scibile della città, compresi i testi proibiti, alcuni vecchi di millenni, che solo lei poteva consultare. Si trattava di una figura unica che cambiava solo per raggiunti limiti di età e che veniva selezionata con criteri molto severi.
Della Custode si sapeva quasi nulla perché conduceva una vita riservata e appartata. Per il suo lavoro di ricerca era l’unica a cui era consentito muoversi tra i livelli e qualche volta era possibile vederla in biblioteca dove firmava le autorizzazioni per accedere alla lettura di alcuni testi considerati ai limiti della censura.
Sì, ma come parlarle e cosa dirle? Ella quasi certamente sapeva del villaggio, che forse aveva addirittura visitato, ma ne avrebbe ammesso l’esistenza? Lion pensò di andarla a trovare senza preavviso e di essere sincero con lei.
«Vorrei uscire, vorrei conoscere cosa c’è oltre il muro».
Per nulla sorpresa la Custode gli chiese come fosse nata quell’esigenza.
«È una deduzione», le rispose Lion, «il mondo non può finire a Opportunity».
«Io penso invece che tu faccia parte degli Argonauti» gli disse la vecchia.
«Come è possibile che lei sappia?».
«Non ti avrei fatto venire qui se non sapessi molte cose».
Dunque la Custode si aspettava la sua visita. Pur non avendolo mai visto, e senza aver fissato alcun appuntamento, sapeva che quel giorno e a quell’ora Lion Carrisi avrebbe bussato alla porta della biblioteca.
«Non ti stupire Lion, fa parte del mio mestiere seguire i casi particolari e il tuo lo è, eccome se lo è! Da professore ad addetto al movimento merci, un passaggio non facile suppongo».
«Non lo è stato».
«E per quanto riguarda il tuo indice di purezza?».
«Credo sia ai minimi storici».
«Ti stupiresti se ti dicessi che invece sta risalendo e anche con una certa rapidità?».
«Direi che è altamente improbabile visto che la mia aspirazione è quella di abbandonare la città».
«E non da solo».
«No, non da solo».
«Eliminare le emozioni è un modo per tenere sotto controllo i conflitti ma esiste anche il cammino inverso: liberarle per poi imparare a gestirle e solo in rarissimi casi, e con un grande coraggio, il percorso si completa con un ottimo equilibrio, il che fa crescere l’indice di purezza ben oltre il 90 per cento. Lo trovi assurdo?».
«Se è vero quanto dice… lo è».
«Ma neppure tanto se ci pensi. Solo che Opportunity non è stata creata per questo genere di persone, per questo cammino a ritroso: tu e Luisa fate parte degli eletti e non è un caso che vi siate incontrati».
«E quindi cosa dobbiamo fare?».
«Aspettare, ma è questione di poco perché è già stato tutto predisposto».
Tornando a casa trovò Luisa che lo attendeva e le raccontò di quella donna che sapeva tutto e con un immenso potere se addirittura, da quanto aveva capito, poteva organizzare il loro trasferimento fuori dalla città.
Luisa era spaventata: «Se ha tutto questo potere chi ci assicura sulle sue reali intenzioni?».
«Il suo discorso ha una logica».
«Non mi fido della logica».
«Ma non vedi che è la Genesi?» le rispose Lion. «Quel frutto non è per nulla maledetto ma è stato creato perché lo cogliessimo e l’essere “cacciati” è solo l’inizio di un cammino».
Passato un mese, alla riunione degli Argonauti un signore distinto li aveva presi in disparte per informarli sulle procedure del viaggio. Alle 5 di mattino del giorno dopo salirono su un modulo senza numero e senza pilota, percorsero un breve tunnel sotterraneo e si trovarono ad attraversare il deserto a grande velocità verso un orizzonte dove erano attesi e pieno di misteri.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *